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“Il più bello spettacolo off che abbia mai visto a Roma!”

– A. Marmorini

Da qualche giorno – e ancora per un po’ dato il grande successo riscosso! – la compagnia “Play for Food” mette in scena Crimini tra Amici. In un piccolo teatro di periferia, quattro amici – in realtà bravissimi attori professionisti – decidono di mettersi in discussione, di scrollarsi di dosso l’accidiosa routine benpensante e moderata e portano a tavola, oltre al cous cous, anche una domanda poco digeribile: Cosa fareste se aveste difronte un giovanissimo dittatore, che ancora non sa di esserlo? Se aveste la possibilità di sventare un genocidio, lo uccidereste? Oppure no?

G. Doré

Sullo sfondo delle loro riflessioni, intanto, incalza la campagna elettorale. Un politico corrotto e corruttore bercia alla folla, infilza gli ascoltatori uno per uno ai suoi slogan demagogici e fa parlare di sé… Non ha ancora scatenato nessuna guerra mondiale, non è colpevole di nessun genocidio – ma è già il nemico giurato dei quattro amici, tutti neolaureati, studenti liberali, progressisti, moderati e democratici. Che non hanno ancora cambiato il mondo.

La pièce, uscita negli Stati Uniti col nome di Last Supper e con lo stesso titolo trasposta varie volte al cinema, gode di un indiscutibile pregio: quello di suscitare nel giro di un’ora il maggior numero di questioni morali, di pruderie borghesi e di allarmi per infrazione di tabù dai tempi della tragedia greca; senza scomodare i tragici destini di Edipo o della Medea, e nemmeno dello shakespeariano Riccardo III, agli spettatori viene somministrato un test che – con licenza dei grandi classici! – li racchiude un po’ tutti: Chi può dire di poter spingere fino alle estreme conseguenze le proprie convinzioni, i propri ideali?

G. Doré - Le Petit Poucet

Gli interpreti, che hanno riscritto in parte la pièce per adattarla ai giorni nostri, forbendo il testo di sagaci riferimenti all’attualità, si sono incaricati di infrangere il tabù dell’omicidio preterintenzionale con garbo e convinzione: tra il pubblico si registrano piccole risate isteriche, c’è chi non regge la pressione e abbandona la sala, ma in genere la rappresentazione fluisce piacevolmente, tra un avvelenamento e l’altro, perché quando il pericolo di morire è così vicino da sedere alla tua tavola non puoi mai dirti completamente estraneo alla paura. E veder rappresentata la paura è una delle cose più gustose che conosciamo.

Questo terrore perturbante anima la metamorfosi degli occhi di Grimilde in quelli della strega cattiva, che porge una mela avvelenata all’ingenua Biancaneve; in una delle versioni della fiaba popolare, la strega non esiste, e le forze antitetiche sono incarnate da una sorella, Rosarossa, vale a dire che non sempre la polarità vuole un protagonista “buono” ostacolato da un antagonista “cattivo”: per questo, i Crimini di questa messinscena avvengono tra Amici, cioè nel cuore di rapporti fraterni.

Sempre i fratelli Grimm – che sapevano quanto ambiguo fosse il nostro rapporto col cibo, la sua distruzione è il nostro nutrimento, l’inevitabile esito fecale – raccontano della Casetta di Marzapane [Märzipan, “pane” delle “favole”] nella quale finiscono intrappolati i ragazzini che mangiano senza criterio, Hansel e Gretel. Ed è sempre un Grim, ma stavolta è il Reaper dell’iconografia medievale, che si presenta a cena senza invito in un episodio del Monty Python’s Flying Circus: i coniugi si trovano in estremo imbarazzo, ma la Morte insiste e si vedono costretti a farle posto a tavola tra gli ospiti.